martedì 18 aprile 2017

Bollette, uno stop al mercato libero di energia e gas
Con un emendamento inserito nel ddl Concorrenza, il Governo rinvia di un altro anno (fino a giugno 2019) la fine del mercato "tutelato". La giustificazione: "Vogliamo evitare l'aumento delle bollette, altrimenti il passaggio sarà sospeso"

MILANO - Un emendamento che ha il sapore della "beffa": se venisse approvato, il ddl Concorrenza sancirebbe l'ennesima battuta d'arresto delle liberalizzazioni nel settore energia. Sulla carta si tratta del rinvio di un anno della fine del "mercato tutelato", che verrebbe così spostato dalla metà del 2018 al giugno dell'anno successivo. Ma gli operatori ormai si interrogano se di questo passo, ci sarà mai una totale concorrenza nel mercato elettrico e del gas, come ammette lo stesso Governo: "Vogliamo evitare che il superamento del mercato tutelato comporti un aumento delle bollette", nel qual caso "il passaggio al mercato libero potrebbe anche essere sospeso".

Una dichiarazione di intenti che sconfessa la linea politica tenuta negli ultimi 20 anni dal governo nel campo delle liberalizzazioni dei servizi, dai decreti Letta e Bersani in poi, secondo cui il regime della "tutela" era transitorio. E' accaduto alla fine dell'incontro tra Governo e maggioranza in cui è stato fatto il punto sul ddl. L'accordo nella maggioranza prevede l'impegno a far slittare a giugno 2019 il superamento del mercato tutelato nei settori dell'energia elettrica e del gas previsto nel ddl sulla concorrenza. Lo ha riferito la capogruppo di Mdp, Cecilia Guerra: "La nostra preoccupazione principale - ha spiegato Guerra - è quella di evitare che il superamento del mercato tutelato comporti un aumento delle bollette".

Una linea confermata dallo stesso ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda: "Ci sarà un aggiornamento dei termini derivante dal fatto che il ddl Concorrenza è slittato in avanti: ci dobbiamo muovere con grandissima cautela ed essere sicuri che ci siano tutte le garanzie, che non ci siano aumenti di prezzi per i consumatori". Stiamo parlando - ha sottolineato - di una liberalizzazione che impatta su tantissime famiglie, non ci può essere alcun rischio".

In altre parole, il Governo teme che la fine del mercato "tutelato" porti a un aumento dei costi per i consumatori. Una tesi condivisa dell'Autorità per l'energia e il gas: nel suo ultimo documento sui mercati dell'energia, l'Authority scrive che "le rilevazioni relative alla spesa sostenuta dai clienti domestici sul mercato libero sembrano attestarsi su valori mediamente più elevati rispetto ai regimi di tutela". In altre parole, passando al mercato libero si spende di più.

Per gli addetti ai lavori, sarà inevitabile in una prima fase attraversare un periodo di prezzi più elevati, quando tutti i consumatori saranno "obbligati" a lasciare la "tutela", il regime in cui le tariffe sulla componente materia prima sono fissate ogni tre mesi dall'Autorità per l'energia. Spiegazione: nella fase del passaggio, gli operatori -sapendo che i clienti arriveranno comunque - non avranno interesse ad abbassare le tariffe: nella fase successiva - come è accaduto per la telefonia mobile - partirà la concorrenza vera e propria. Soprattutto a mano a mano che cresceranno i servizi aggiuntivi.

Sarà anche per questo, scrive ancora l'Autorità per l'energia, che il consumatore non si fida: il 68% delle famiglie non ha ancora lasciato il mercato tutelato a causa della "limitata conoscenza delle del mercato, probabilmente a causa di una parziale fiducia nei mercati stessi o semplicemente per indifferenza al tema". L'Autorità sottolinea anche la "minore appetibilità per i venditori": in pratica, guadagnandoci poco gli operatori non hanno grande interesse a farsi la guerra a colpi di offerta (come avviene invece per la telefonia) per conquistare nuovi clienti. Tanto è vero che il livello di concentrazione nel mercato domestico rimane elevato, con il primo operatore che mantiene una quota di mercato attorno al 50 per cento. Anche se gli operatori sostengono che la quota del 32% di famiglie che hanno cambiato almeno una volta operatore è tra le più alte d'Europa.

In effetti, non c'è grande conoscenza tra i consumatori del fatto che si possa scegliere la società che fornisce elettricità e gas direttamente sul mercato. Le cause? Poche offerte veramente concorrenziali e una bolletta in cui quanto si paga per la materia prima (l'elettricità o il metano) è circa un terzo del totale: il resto va in una serie di spese aggiuntive per il servizio, oneri, incentivi e tasse.

Per paradosso, il numero degli operatori che offrono la fornitura elettrica è in costante aumento:
soltanto dal 2012 al 2015 (ultimo anno di dati disponibili) le società attive sono passate da 219 a 335. Ma questo dipende dal fatto che si contendono non il mercato delle famiglie ma quello delle piccole e medie imprese, dei negozi, degli uffici, dove gli sconti sono anche notevoli.

Fonte:
 R.it
La Repubblica

di LUCA PAGNI
L'Agcom contro le compagnie telefoniche: abolite le tariffe a 28 giorni su rete fissa
Diktat dell'Autorità contro le nuove offerte degli operatori. Quelle per telefono fisso, Adsl e fibra potranno essere solo mensili, mentre quelle mobili potranno essere al minimo a 28 giorni. Compagnie sul piede di guerra contro l'Authority
ROMA - Terremoto sulle offerte telefoniche: con una delibera pubblicata in queste ore Agcom abolisce quelle a 28 giorni su rete fissa, telefono, Adsl o fibra ottica, imponendo che i canoni debbano essere solo mensili. L'Autorità garante delle comunicazioni chiede quindi a Vodafone e Wind di cambiare le proprie offerte, anche per gli utenti già attivi. Chiede invece a Fastweb e Tim di bloccare il passaggio annunciato (ma ancora non attivo) a offerte a 28 giorni. Dà 90 giorni agli operatori per adeguarsi.

Tutti gli operatori, su fisso e mobile, sono passati o stavano passando, infatti, a questo tipo di tariffazione, che fa scattare l'addebito ogni quattro settimane invece che ogni mese. Con un rincaro dell'8,6 per cento dei prezzi e un rischio - questa la motivazione dell'Autorità - di una ridotta trasparenza tariffaria per gli utenti.

Agcom invece impone su cellulare che le tariffe siano solo al minimo a 28 giorni, ma gli operatori devono avvisare gli utenti via sms dell'avvenuto addebito (appunto, per migliorarne la trasparenza). In caso di offerte ibride (fisse-mobili), vale invece il principio della tariffazione mensile. L'impatto maggiore ci sarà quindi sugli utenti Vodafone e Wind, che per primi avevano adottato questa tariffazione.

Gli operatori sono pronti a dare battaglia ricorrendo al Tar, tramite la propria associazione Asstel, ritenendo che questa mossa dell'Autorità non abbia adeguato fondamento giuridico. Secondo gli operatori infatti l'utente è tutelato a sufficienza grazie al diritto di recesso, che può esercitare entro trenta giorni dopo aver ricevuto notizia che la propria offerta passa da tariffazione mensile a quella a 28 giorni.

La delibera odierna arriva dopo una consultazione pubblica indetta dall'Agcom, che già puntava il dito su questa tendenza. Si è "compressa libertà di scelta degli utenti" e "vanificato, anche considerate le tempistiche ed il contesto di mercato, la ratio sottesa all'esercizio del diritto di recesso nel caso di mancata accettazione di modifiche contrattuali", secondo quanto già si leggeva nella consultazione dell'Autorità.

Adesso secondo Agcom è difficile per gli utenti comparare le offerte, dato che ce ne sono con entrambi i tipi di fatturazione. Il che "renderebbe il prezzo incerto". Per Agcom è un problema soprattutto sulle tariffe fisse, dove regnano abbonamenti post pagati. Ecco perché secondo Agcom "si rende necessario fissare su base mensile la cadenza di fatturazione nella telefonia fissa" e nelle offerte "convergenti" (con servizi fissi e mobili sotto un unico canone). Nel mobile invece "ritiene opportuno un intervento che garantisca una facile comparazione delle offerte e escluda la possibilità che ulteriori variazioni del periodo di rinnovo delle offerte commerciali nascondano, in realtà, aumenti del prezzo dei servizi interessati".
Principi confermati nell'attuale delibera: "Si ritiene opportuno, confermando anche in questo caso l'opzione sottoposta a consultazione pubblica, prevedere un parametro temporale certo per il rinnovo delle offerte/fatturazione, che renda effettiva la libertà di scelta degli utenti e consenta anche un agevole controllo dei consumi e della spesa, individuato su base mensile o suoi multipli (applicabile, per le medesime ragioni di tutela degli utenti, anche in caso di offerte bundle fisso/mobile)", si legge nell'allegato A della delibera, a sua motivazione.


Secondo Asstel, invece, "Agcom non ha il potere di disciplinare  il contenuto dei rapporti contrattuali fra operatori telefonici e clienti, quale ad esempio la durata di rinnovo e dei cicli di fatturazione, ma può soltanto intervenire a tutela della clientela in materia di trasparenza informativa", si legge in una nota. "Sul tema è intervenuto di recente anche il Tar del Lazio ribadendo la piena legittimità da parte degli operatori di introdurre modifiche unilaterali al contratto, fatto salvo il diritto di recesso del cliente in caso di mancata accettazione delle modifiche stesse".

"Ci troviamo di fronte a un caso clamoroso: un'autorità, che dovrebbe avere come missione il funzionamento del libero mercato, cerca di riportare il settore, che in Italia già vede prezzi fra i più bassi in Europa, ai tempi delle tariffe" ha commentato il presidente di Asstel Dina Ravera. "Tuteleremo i diritti dei nostri associati nelle sedi più opportune - aggiunge Ravera- con l'obiettivo di ripristinare il diritto degli operatori al libero esercizio dell'attività di impresa".

"Asstel ricorda che, gli operatori telefonici hanno agito sempre nel pieno rispetto delle disposizioni legislative e del quadro regolamentare vigente, alla luce del quale gli interventi prospettati dall'Autorità non trovano alcun fondamento giuridico e arrecano peraltro gravi ed irreparabili danni a carico degli stessi".

Fonte:
R.it - La Repubblica
 Economia e Finanza
di ALESSANDRO LONGO